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08/09/2020/da valeria.bruccola
Vincolo quinquennale: il falso mito della continuità didattica.
/in News e Comunicati Adida /da valeria.bruccolaIl Decreto legge 126 del 2019 introduce il vincolo quinquennale su sede a garanzia della continuità didattica. Di fatto, i docenti assunti a partire dall’anno scolastico 2020/2021 non potranno chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria, l’utilizzazione in altra istituzione scolastica o ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso prima che siano trascorsi 5 anni scolastici di effettivo servizio nella scuola di titolarità. La norma impedisce, dunque, qualsiasi forma di mobilità territoriale e professionale del docente neoassunto per ben 5 anni.
La questione della continuità didattica, importante principio indirizzato ad alunni e studenti, va inquadrata all’interno di un contesto più ampio e va ricondotto all’ormai consueto “balletto annuale” di docenti e, soprattutto, da più di un quindicennio, alla mancata assunzione a tempo indeterminato degli stessi e l’estrema precarizzazione della loro carriera e non tanto la mancata attuazione di un vincolo di permanenza sul posto di assunzione, sia esso di tre o di cinque anni.
I vincoli di permanenza nella sede scolastica assegnata in fase di assunzione ci sono sempre stati, per lo più triennali. In alcuni casi si sono previste deroghe che hanno consentito il trasferimento più o meno celere di alcuni docenti, la più recente quella che ha permesso la mobilità dei docenti della cosiddetta fase C del piano di assunzioni straordinario previsto dalla legge 107 del 2015.
Tuttavia, il vincolo di permanenza su sede deve essere inquadrato rispetto ad altri fattori, non da ultimo alle diverse modalità di assunzione che avvengono su base provinciale, regionale e, talvolta, nazionale (si pensi sempre alle fasi B e C della legge 107). A questo, va aggiunto che in virtù dell’autonomia e delle scelte strategiche o contingenti operate dei Dirigenti scolastici, anche nelle singole scuole i docenti di norma ruotano, derogando al principio della continuità, per le più disparate ragioni, fatto salvo che ciò avviene utilizzando l’organico dell’autonomia, che per ovvie ragioni più è stabile meglio è, visto che favorisce una migliore gestione delle istituzioni scolastiche stesse.
Ritornando alla questione centrale, comunque, va detto che le assunzioni su base provinciale da GAE hanno indubbiamente a monte la possibilità dell’aspirante docente di scegliere la provincia nella quale si viene assunti. Tuttavia, tale scelta è spesso determinata dall’eccessiva lentezza di scorrimento delle graduatorie. Si aggiunga poi che, nel contesto dell’attuale vincolo quinquennale che blocca la possibilità di mobilità anche all’interno della provincia, l’assegnazione in una sede distante dalla propria abitazione e non facilmente raggiungibile equivale a un notevole aggravio economico.
Se l’assunzione avviene su base regionale o nazionale, il discorso chiaramente si complica: la probabilità che si venga assunti in una provincia diversa dalla propria è tutt’altro che remota e determina un inevitabile trasferimento del docente.
Il precedente vincolo triennale, al quale spesso si è derogato sulla base di una convenienza politica che nulla ha avuto a che fare con l’interesse della scuola (in alcuni anni si è addirittura consentito a docenti di ruolo, non specializzati sul sostegno, di chiedere e ottenere l’assegnazione provvisoria su posti di sostegno), ha tuttavia cercato di garantire la continuità didattica.
L’introduzione tout court del vincolo quinquennale, oltre a non risolvere nel fondo la questione, viene indebitamente esteso a persone che hanno partecipato a procedure concorsuali che prevedevano un vincolo triennale su provincia (e non su sede) e che hanno visto cambiare in modo consistente e in corso d’opera le regole del “gioco”. In molti casi si è addirittura determinata una situazione di estrema disparità tra chi è stato assunto dalla stessa graduatoria l’anno precedente con vincolo triennale su provincia e chi è stato assunto l’anno successivo con vincolo quinquennale su sede. Per non parlare del fatto che la serratissima tabella di marcia dettata dal Ministero per espletare le procedure di immissione in ruolo non sempre consente agli Uffici scolastici regionali e provinciali la rettifica di errori in fatto di attribuzione dei punteggi e delle sedi.
A questo si aggiunga che l’art 399 del T.U. prevede che “La disposizione del presente comma non si applica al personale di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, purché le condizioni ivi previste siano intervenute successivamente alla data di iscrizione ai rispettivi bandi concorsuali ovvero all’inserimento periodico nelle graduatorie di cui all’articolo 401 del presente testo unico”. Il personale di cui all’art.33, commi 3 e 6, della legge 104, vale a dire i portatori di disabilità o coloro che devono assistere familiari disabili, non possono ambire ad un trasferimento prima di un quinquennio a meno che, le condizioni previste nei suddetti articoli di legge, non siano sopravvenute successivamente alla nomina in ruolo. Nella ratio (se di ratio si può parlare) del legislatore, infatti, tali lavoratori, avendo avuto possibilità di esercitare la precedenza nella scelta della sede durante le operazioni di immissioni in ruolo, devono permanere cinque anni nella sede assegnata. A tal proposito si rileva che, in mancanza di posti, non sempre il docente ha la possibilità di scegliere una sede agevole per conciliare lavoro e cura dei familiari. In secondo luogo, è da rilevarsi una parziale carenza di tutela per i lavoratori di cui all’art. 33 della 104, nel caso in cui l’assunzione sia avvenuta da graduatoria regionale. Tale tipo di assunzione prevede infatti due fasi: l’assegnazione della provincia e, successivamente, quella della sede all’interno della provincia. Nella fase iniziale per tali lavoratori non è prevista la precedenza nella scelta della provincia (da non confondere con la riserva dei posti) che potrà invece essere esercitata nella successiva fase di scelta. Risulta ben evidente il disagio di un vincolo quinquennale nel caso in cui la provincia assegnata sia altra rispetto a quella dove si abita.
Il vincolo quinquennale immobilizza docenti che, dopo anni di precariato, si vedono congelata la possibilità non solo di una mobilità territoriale, ma anche di una mobilità professionale, non potendo richiedere di prestare servizio, avendone i requisiti, su altro ordine di scuola o su altra classe di concorso, come espressamente previsto dallo stesso contratto di lavoro sottoscritto anche dall’amministrazione che, di fatto, ne nega una parte. Il tutto per una continuità didattica palesemente negata dagli oltre 200000 posti vacanti che già si profilano a partire da quest’anno scolastico.
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